Cronaca

Pesca illegale e rivendita di pesce all'estero: la base era a Borgo Ticino

La banda pescava con elettrostorditori, poi esportava il pesce nell'Est Europa. Il giro di affari stimato è di oltre 200mila euro all'anno

Il materiale sequestrato

É scattata alle prime luci dell’alba di oggi, giovedì 30 giugno, l'operazione dei carabineri forestali di Novara e Torino che ha smantellato una vasta rete di pesca ilegale e di vendita di pesce all'estero.

L'operazione "Controcorrente" ha coinvolto le province di Novara, Varese, Milano e Ravenna, con perquisizioni e sequestri nei confronti di 6 cittadini rumeni e 2 italiani, tutti indagati in concorso per i reati di bracconaggio ittico, immissione in commercio di alimenti non genuini, falso documentale e uccisione di animali.

Le indagini sulla pesca abusiva

L’attività di indagine, condotta dal nucleo Cites di Torino, sotto la direzione della procura della Repubblica di Novara , è nata dalle segnalazioni da parte di pescatori di episodi di pesca di frodo sui principali corsi d’acqua del Piemonte, della Lombardia e dell'Emilia Romagna. I carabinieri forestali, con pedinamenti e appostamenti e con strumentazione tecnologica all’avanguardia, sono riusciti a documentare numerosi episodi di bracconaggio ittico, che avvenivano sempre di notte in località difficilmente raggiungibili, alcune delle quali in aree protette dal punto di vista ambientale.

L'esportazione del pesce nell'Est Europa

La banda usava mezzi ed attrezzature vietati dalla legge, come elettrostorditori, reti ed arpioni, riuscendo a catturare grossi quantitativi di pesce, che poi veniva trasferito in una cascina di Borgo Ticino, utilizzata come base operativa. Nella cascina il pesce veniva lavorato e depositato, in attesa della vendita a ditte specializzate dell’Est Europa. Dal gennaio 2022 sono state registrate 4 esportazioni all’estero di pesce illecitamente pescato ogni mese, per un peso di circa 1 tonnellata per ogni trasferimento: i pesci, prevalentemente carpe e siluri,  finivano poi  nel mercato rumeno, dove queste specie sono particolarmente apprezzate, con documenti falsi. Il volume d’affari è stato stimato in oltre 200mila euro all’anno. 

Nel corso delle perquisizioni, che hanno visto impiegati oltre 40 militari, sono stati trovati e sequestrati gommoni, reti, batterie di elevato voltaggio con elettrostorditori, arpioni e i veicoli utilizzati per le battute di pesca. "La pesca con corrente elettrica, oltre che vietata, è altamente dannosa per l’ambiente in quanto causa la distruzione dell’ecosistema della parte di fiume interessata, ecosistema già in sofferenza per l'attuale situazione di carenza idrica" spiegano i carabinieri forestali. 


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