Cronaca

105 anni per Erminia Terrini

L'ultracentenaria di Maggiora che ora vive nella residenza per anziani di Suno ha compiuto 105 anni e ci ha raccontato la sua lunga vita fatta di lavoro nei campi, matrimonio, musica e canti con qualche aneddoto

Marietta Erminia Terrini martedì 12 maggio ha festeggiato l’invidiabile traguardo dei 105 anni.

A regalarle un momento di festa e un omaggio floreale vi era il direttore sanitario della Residenza il Castello di Suno Augusto Cavagnino, don Salvatore e Giuseppe Fasola, rispettivamente parroco e sindaco di Maggiora, assente invece per motivi di lavoro Nino Cupia, sindaco di Suno. Il pomeriggio è stato animato dai volontari dell'Associazione Antea di Gozzano con il gruppo musicale i "Due Comoli".

La signora , ancora lucida e sorridente ci ha raccontato la storia dei suoi 105 anni.

Come ha passato la sua infanzia? Sono nata a Glean, in Svizzera, nel 1910 da papà Agabito originario di Maggiora e mamma Maria Bettinelli di Castagnola vicino a Valduggia. I miei genitori si trasferirono lì per lavoro. Papà lavorava per la centrale dei treni a Montreaux, mentre mamma era una addetta delle pulizie negli alberghi. Avevo anche due sorelle, Natalina del 1903 e Angela del 1909. Durante la Prima Guerra Mondiale tutti gli Italiani furono scacciati dalla Svizzera e obbligati a tornare in Italia così nel 1914 tornammo a Maggiora nella casa nativa di papà, dove iniziò a lavorare tra vigne e campi da coltivare. La mamma aiutava papà con il lavoro in campagna e si occupava della casa. Coltivavamo meliga e patate e producevamo un ottimo vino che vendevamo. Frequentai fino alla IV elementare, all’epoca non esisteva la V. Mi piaceva andare a scuola, era tutto molto diverso allora, si scriveva con penna inchiostro e calamaio, la mia maestra si chiamava Angela Brosati ed era un’insegnante molto severa. Si iniziava al mattino fino alle 4 del pomeriggio. Un altro ricordo che ho da bambina era il periodo della vendemmia, che gioia tutti a piedi scalzi a pigiare l’uva in quelle grandi tinozze.

Cosa ricorda della Guerra? Ho visto due Guerre Mondiali, vivendo in campagna non sentivamo molto la miseria, il cibo non mancava mai, ma persi degli zii, uno fu ucciso sotto le armi ed un altro ferito ad un braccio, erano proprio brutti tempi. A casa possedevamo una mucca, galline e conigli. Con il latte della producevamo per uso proprio il formaggio, il più amato da me era il “mascap”, un formaggino condito con sale e pepe e lasciato asciugare per qualche giorno in un panno. Della Seconda Guerra Mondiale ricordo la paura, rubavano il bestiame e mi viene in mente un particolare: non potevamo vestirci di rosso, altrimenti si veniva fucilati, rosso era il simbolo del comunismo ed era assolutamente bandito in quel periodo.

Che lavoro faceva? A 14 anni andai a fare la mondina a Castellazzo Novarese, dal mese di maggio a giugno, le giornate erano lunghe ci si alzava al mattino alle 8 e si lavorava fino alle 4 del pomeriggio con i piedi a bagno e la testa china a terra per stappare le erbacce  in mezzo ai moscerini. Un lavoro duro e per fare volare più veloce il tempo si cantava. Al rientro dalle risaie si passavano le serate a cantare e ballare e poi a dormire presto perché il giorno dopo si iniziava una interminabile giornata di lavoro. Dormivamo sul fieno, non avevamo letti comodi e confort. I padroni erano contenti di me, dicevano sempre “come l’Erminia non ce n’è!”. Ovunque andavo lasciavo un bel ricordo e tutti ammiravano la mia passione e voglia di lavorare. All’età di 16 anni andai a lavorare a Novara come donna di servizio dalla famiglia Vicario, mi occupavo della casa e cucinavo per loro. Mi volevano tutti un gran bene e anche dopo che terminai il mio lavoro restammo in contatto scrivendoci spesso. Avevano un figlio della mia età di nome Claudio che si era invaghito e voleva sposarmi, ma dovetti rientrare a Maggiora perché mamma non stava bene per aiutarla ed accudirla durante la sua malattia e tutto finì lì. Le altre sorelle, oramai si erano sistemate e sposate, una si trasferì a Quarona, l’altra si sposò e rimase a Maggiora, quindi di mamma me ne dovevo occupare io e ricominciai a lavorare la campagna. Quando si riprese trovai un impiego presso una bottega a Grignasco. Sorrido quando penso ad un piccolo aneddoto: il messo comunale tutti i giorni veniva a controllare che in bottega fosse tutto a posto e non comprava mai nulla, un bel giorno le chiesi: “Ma perché tutti i giorni viene qua? La bottega non cambia sa!” e lui mi rispose un po’ imbarazzato: “Erminia io non vengo per la bottega, ma per vedere lei!”. Dopo un annetto dovetti  abbandonare quel posto, a mio malincuore, perché il padrone era poco serio, stufa delle sue provocazioni, me ne andai. La padrona rimase male del mio comportamento, ma le dissi che se suo marito fosse rimasto al suo posto, io sarei rimasta, anche perché il lavoro mi piaceva molto.

Come incontrò suo marito? Tornai a casa e ripresi il lavoro nei campi. Vicino a casa abitava un giovane del 1887 di nome Bernardo, lo conoscevo da tempo, era sposato, ma rimase vedovo molto presto, era proprio un bravo uomo. Iniziammo a frequentarci fino a che negli anni ‘30 decidemmo di sposarci. Celebrammo il matrimonio a Stresa e banchettammo in un albergo molto bell, di proprietà di mia cugina. Insieme viaggiavamo molto, andammo in Svizzera, a Venezia e molti altri bei posti. Durante uno dei nostri viaggi, la fortuna ci assistì: ricordo che dovevamo prendere un treno che era un po’ in ritardo e quindi decidemmo di fare un giretto e prendere il successivo. Quel treno non arrivò mai a destinazione, durante il tragitto deragliò. Bernardo era un bravo muratore e costruì vicino alla nostra casa, un'altra casetta dove andarono ad abitare i miei nipoti, lui pensava a me e al futuro, così avrei avuto sempre loro vicino. 20 anni fa rimasi vedova, continuai  ad occuparmi della mia casa  e del mio piccolo orticello fino a poco tempo fa.

Come sta adesso? Fino a 104 anni mi aggiustavo da sola a casa, una notte ricordo che sognai di cadere nelle spine e caddi dal letto facendomi male alla gamba, da allora purtroppo non cammino più ed ho molta paura di cadere. Da ottobre sono ricoverata presso la residenza Castello di Suno, a casa purtroppo non potevo più stare. Qui ho conosciuto nuovi amici, trascorro le mie giornate chiacchierando con loro e mi vogliono tutti un gran bene. Ora sono arrivati i 105 e poi si vedrà cosa mi riserverà il destino, a volte penso a quanti anni ho e a come è volato il tempo!


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