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Borgomanero: torna l'appuntamento con il cineforum

Martedì 22 gennaio a Borgomanero torna l'appuntamento con il cineforum. Sul grande schermo arriva "A beautiful day".

La scheda del film

Titolo originale: A beautiful day. You were never really here
Regia: Lynne Ramsay
Soggetto: dal romanzo “Non sei mai stato qui” di Jonathan Ames (ed. Baldini & Castoldi)
Sceneggiatura: Lynne Ramsay
Fotografia: Thomas Townend
Musiche: Jonny Greenwood
Montaggio: Joe Bini
Scenografia: Tim Grimes
Arredamento: Kendall Anderson
Costumi: Malgosia Turzanska
Effetti: Gary Brown
Interpreti: Joaquin Phoenix (Joe), Ekaterina Samsonov (Nina), Alessandro Nivola (senatore Williams), Alex Manette (senatore Votto), John Doman (John McCleary), Judith Roberts (madre di Joe), Kate Easton (madre di Joe giovane), Jonathan Wilde (padre di Joe giovane), Dante Pereira-Olson (Joe a 8 anni), Vinicius Damasceno (Moises), Jason Babinsky), Frank Pando, Silvia Pena
Produzione: Rosa Attab, Pascal Caucheteux, James Wilson, Lynne Ramsay per Why Not Productions, in associazione con Film4/BFI/Amazon Studios/Sixteen Films/JwFilms
Distribuzione: Europictures (2018)
Durata: 95'
Origine: Gran Bretagna, 2017
Data uscita: 1° maggio 2018
Premio per la miglior sceneggiatura (ex aequo con "The killing of a sacred deer” di Yorgos Lanthimos) e per la migliore interpretazione maschile (Joaquin Phoenix) al 70. Festival di Cannes (2017).

Joe è un veterano di guerra. A casa lo aspetta solo la madre anziana a malata, con cui ha un rapporto di grande affetto e pazienza. In una New York desolata e piena di segreti, Joe fa il mercenario per chi vuole liberarsi di nemici pericolosi ma non ne ha l'abilità o il coraggio. Il suo ultimo incarico è quello di sottrarre Nina, la figlia preadolescente di un politico locale, ad un giro di prostituzione minorile: una creatura abusata e offesa che fa da specchio al passato dell'uomo. Come un giustiziere, Joe appare e scompare, spesso armato di un martello, menando fendenti e scacciando i ricordi devastanti, tanto della propria infanzia in balia di un padre sadico, quanto dei crimini di guerra compiuti dietro la giustificazione di una divisa.
Una voce infantile che conta alla rovescia, un respiro affannoso, un sacchetto di plastica, chiuso intorno a un volto maschile, che si dilata e si accartoccia seguendo i movimenti di una bocca invisibile.
L’inizio di “A beautiful day - You were never really here” è già una precisa dichiarazione d’intenti: catturare lo spettatore creando una claustrofobica simbiosi con il protagonista Joe, un veterano di guerra tormentato dagli orrori bellici e da un’infanzia di abusi e violenze, che sopravvive, in un’esistenza scandita da un tentativo di suicidio dopo l’altro, declinando la sua disperazione e la sua brutalità animalesca nel tentativo di salvare ragazze minorenni costrette a prostituirsi.
Il folgorante incipit precipita chi guarda in un noir cupissimo e sanguinolento, con una regia che si incolla al suo protagonista e ne viviseziona sguardi, ansimi e cicatrici. Accompagnato da una colonna sonora eterogenea e di grande impatto - curata da Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead e compositore di diverse colonne sonore - il montaggio serrato in cui dominano dettagli e particolari, raramente inquadrature d’insieme, impone al film un ritmo martellante, che però con il passare dei minuti diventa un limite, quando le scene violente si accumulano, gli eventi precipitano e la trama sconta alcune svolte narrative poco verosimili.
La regista Lynne Ramsay (“…e ora parliamo di Kevin”) non ha paura di rischiare compiendo scelte espressive molto nette, ma non padroneggia fino in fondo una storia che sul finale perde intensità - nonostante l’escalation di sangue suggerisca il contrario - tra alcuni momenti stilisticamente potenti ma un po’ fini a sé stessi (il ‘suicidio’ di Joe nel lago) e altri in cui la crudezza delle immagini si mescola a simbolismi di maniera.
Joe è il magnete attorno al quale ruota tutto il film, grazie al carisma e all’espressività del suo interprete: l’eclettico Joaquin Phoenix (premiato come miglior attore a Cannes), appesantito e trasandato, dà corpo a un uomo alla deriva che dalla violenza (vista e subita) non vorrebbe fare altro che scappare, ma solo nella violenza ritrova sé stesso e conquista una breve tregua dai suoi incubi. Forse sarebbe stato auspicabile approfondire maggiormente l’interiorità di Joe (il rapporto con la madre, gli incubi legati all’infanzia e all’esperienza da soldato), che viene soffocata progressivamente dall’accelerazione narrativa con escalation di sangue e violenza, quando invece avrebbe avuto bisogno di un po’ di respiro.
Luca Giagnorio, Mediacritica.it

La performance di Joaquin Phoenix, corpulento, barbuto, sanguinario e sanguinolento. Totalizzante. Lo score elettronico e intimidatorio di Jonny Greenwood, che fa di contrappunto musicale discernimento poetico: Dio ce lo conservi. E poi, lei, la scozzese di talento Lynne Ramsay, che dopo sei anni di digiuno - ma aveva fatto di peggio - torna alla regia e ci ricorda subito chi è: una signora regista.
Dal romanzo, 2013, di Jonathan Ames, adatta liberamente e inquadra la vendetta e la ricerca di redenzione di Joe, un sicario dannatamente letale e dannatamente disturbato: abusi infantili, FBI e marine, come non essere irrimediabilmente segnato? Il suo ultimo caso lo mette sulle tracce di Nina Votto (Ekaterina Samsonov), una delle tante ragazzine che cerca di affrancare dalla schiavitù sessuale: è figlia di un senatore newyorkese e, capirà ma mano, è una bruttissima faccenda, materia di vita o morte anche per lui.
Che, tra l’altro, tiene pure famiglia: l’anziana madre, con cui si diverte a scimmiottare la scena della doccia di “Psycho”. Viceversa, lui non è tipo da coltello, ma da martello: se vi vien in mente “Old Boy” di Park Chan-wook, aggiungete anche “Taxi Driver”, “Il cattivo tenente” e alla faccia del titolo “You were never really here”, ora “A beautiful day”, è proprio lì che ci troviamo.
Ingredienti aggiuntivi, il marcio multiforme e pervasivo della politica e le ossessioni fantasmatiche di Joe, il quarto lungometraggio della glasgowiana Ramsay - ben fotografato da Thomas Townend - è violento, stilizzato, corporale e fesso, ma anche sballato, errabondo, mai addomesticato. Insomma, un film a testa bassa, che carica come il toro ferito Joaquin: prendere o lascare. Due premi a Cannes 2017, script e Phoenix.
Federico Pontiggia, Cinematografo.it

LYNNE RAMSAY
Filmografia:
Ratcatcher (1999), Morvern Callar (2002), ...E ora parliamo di Kevin (2011), A Beautiful Day (2017)

Martedì 29 gennaio 2019:
LA CASA SUL MARE di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Anaïs Demoustier, Robinson Stévenin


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