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Agorà Food: "chiusi per virus ma aperti per solidarietà, aiutiamo S. Egidio"

Una delle tantissime attività chiuse per l’emergenza coronavirus della nostra città sta regalando la propria disponibilità di attrezzature ed esperienza per aiutare chi è in difficoltà. Agorà Food di Veveri prepara in queste settimane i pasti caldi per la comunità di S. Egidio di Novara, che vengono poi distribuiti secondo necessità a chi è bisognoso di aiuto in questo delicato e difficile momento. Priscilla Michieletti, una dei soci, ci spiega come il loro spazio dedicato alle famiglie, che ospita al suo interno un ristorante pizzeria, ovviamente chiuso al momento, ha messo a disposizione la cucina per la preparazione di pasti destinati alle persone che si trovano ad affrontare l’emergenza non solo sanitaria ma anche alimentare.

Anche il personale di Agorà Food sta aiutando nella preparazione dei pasti a titolo di volontariato. Insomma una gara di solidarietà accesa dall’idea di Priscilla Michieletti che oltre ad essere una dei soci è anche una mamma e si rende perfettamente conto che portare un pasto caldo a famiglie o singoli che ne hanno necessità sia ben più che un gesto fine a se stesso, ma un momento tangibile di presenza sociale e sul territorio: "Gli spazi di Agorà Food qui a Veveri sono stati concepiti ed ideati per dare possibilità alle famiglie di stare insieme in momenti sereni e di crescita sociale e culturale. Vedere oggi tutto vuoto mi ha dato la voglia di pensare a come far fruttare il nostro know-how, le nostre competenze e professionalità".

La Comunità di S. Egidio "ci fa avere le materie prime alimentari, frutto di donazioni, noi nelle nostre cucine, regaliamo la nostra professionalità, i costi di lavorazione (corrente elettrica, alimenti di contorno) ed il nostro tempo per gli altri", continua Michieletti. Molte sono le donazioni di alimenti di prima necessità che giungono a S. Egidio, "manca qualcuno che doni della carne, questo mi hanno detto appunto i responsabili di S. Egidio". In questo momento si ringrazia una ditta di Arluno, (Franco Baronchelli) fuori provincia quindi, che ha donato la carne cucinata in queste settimane. Chissà se qualche azienda novarese potrà aggiungersi ai tanti che già stanno donando derrate alimentari per aiutare chi non riesce a garantirsi neppure i pasti.

Ma non di soli pasti si è parlato oggi qui ad Agorà: già in preparazione prima dell’emergenza coronavirus sta per partire il progetto Charity, molto utilizzato nel Regno Unito. Dalle parole di Stefania: "l’idea che sta alla base di questo negozio è quella del charity. Ogni charity è dedicato ad un particolare soggetto a cui andranno le donazioni: in Inghilterra c’èra il 'save the children charity shop', il 'British heart foundation charity shop' e poi quelli dedicati alla ricerca sul cancro ecc. Non mancavano ovviamente in Inghilterra anche charity più legati al territorio (come ad esempio per un dato ospizio per anziani, ecc.). Il tema trattato di solito era uno specifico, ma non mancavano quelli 'generici'. Ad esempio si trovavano charity che trattavano solo articoli per bambini, oppure solo libri ecc …Me ne ricordo uno molto curioso che affittava cappelli (molto molto particolari). Insomma, ce n’erano di tutti i gusti. La gente donava propri beni che non usava più come vestiti, bigiotteria, mobili, libri, ecc …. E il gestore del negozio si occupava di rivenderli ottenendo un 'utile' (cosa che non sarebbe consentita in Italia). Era importante ottenere l’utile (tolte le spese e la remunerazione di chi gestiva il negozio) perché proprio questo utile veniva interamente donato all’associazione nazionale o locale di riferimento. Quindi, al contrario di quanto succede nel nostro paese, chi gestiva il negozio era interessato a massimizzare l’utile, esattamente come un qualunque normale imprenditore. Questi negozi generalmente venivano gestiti da una persona che riusciva addirittura ad assumere almeno una persona (pagando stipendio) all’interno ci lavoravano ovviamente anche tanti volontari. Spesso i volontari erano mandati dallo Stato (ragazze madri che percepivano un 'mantenimento dallo Stato' ad esempio). Insomma, concludendo il negozio produce ricchezza, crea lavoro e nello stesso tempo fa del bene. Io ovviamente in Italia non posso sperare di ottenere un risultato simile, ma mi sto impegnando tantissimo per avvicinarmi il più possibile. Chiaramente la forma di negozio che andrò ad aprire in Agorà sarà una sorta di ibrido, ovvero, accetterò sia donazioni di persone che vorranno regalare, sia il conto vendita di persone che vorranno invece trarne utile (per quest’ultime ovviamente si rinuncerà quasi totalmente alla parte di 'utile in donazione'). Il tema di questo (mi piacerebbe pensare primo charity shop Italiano) sarà legato a tutti i prodotti per l’infanzia: vestiti, attrezzature, giochini ecc … Sarebbe bello poter trovare qualcuno interessato con cui collaborare per far partire una catena di charity in Italia".


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